C’è un piccolo libro che ogni tanto rileggo.
Si intitola Come un romanzo e l’ha scritto Daniel Pennac.
Dentro c’è un elenco di dieci diritti, semplici e rivoluzionari insieme: i 10 diritti del lettore. Non sono regole, ma rappresentano la nostra possibilità di scegliere.
E ogni volta che li rileggo, mi accorgo che non parlano solo di libri — parlano di come impariamo, scegliamo, viviamo.
Così ho deciso di rileggerli ancora una volta e di soffermarmi a commentarli, uno ad uno.
1. Il diritto di non leggere
Ci insegnano che leggere è sempre bene. Ma a volte è più onesto dire “oggi no”.
Leggere è un incontro, e gli incontri forzati raramente funzionano.
Vale anche per la formazione: non sempre siamo nel momento giusto per accogliere un’idea. Per me è come mettere in pausa la musica: a volte è bello riscoprire il silenzio tra le note.
2. Il diritto di saltare le pagine
La curiosità non segue l’indice: a volte saltare è il modo più autentico per restare in contatto con un libro.
Anche nei corsi, nelle conferenze, nei progetti: non dobbiamo attraversare tutto in ordine. Possiamo cercare quello che ci serve. Io lo chiamo agire come una farfalla, è pura curiosità che danza di fiore in fiore.
3. Il diritto di non finire un libro
Ci hanno detto che mollare è segno di debolezza. In realtà è consapevolezza.
Un libro che non ci parla non merita il nostro tempo.
Né un libro, né un percorso, né una relazione professionale. È come uscire da una conversazione quando hai già capito tutto quello che c’era da capire.
4. Il diritto di rileggere
Rileggere è un atto d’amore.
Perché non cerchiamo più la trama, ma noi stessi nel testo.
Rileggere significa accorgersi che non è il libro a essere cambiato: siamo cambiati noi. È un dialogo tra chi eravamo e chi siamo diventati.
5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa
Non esistono letture giuste: un fantasy, un manga, un manuale tecnico o un post su LinkedIn: tutto può insegnarci qualcosa.
Il valore non è nel titolo, ma in come ci attraversa. Io credo che le storie siano come l’acqua: prendono la forma di chi le accoglie.
6. Il diritto al bovarismo
Pennac usa una parola elegante per dire “farsi coinvolgere” e perdersi dentro un libro
Identificarsi, sognare, commuoversi, perdersi e può persino essere un allenamento all’empatia: sentire, vivere, provare ciò che non ci appartiene. Ogni volta che un personaggio mi emoziona, ricordo che anch’io posso cambiare prospettiva.
Nella formazione, questa è la vera trasformazione: quando non restiamo spettatori, ma viviamo la storia dall’interno.
7. Il diritto di leggere ovunque
Ho letto pagine splendide in treno, sui mezzi pubblici, nella sala d’attesa del medico, al bar. La curiosità non ha orari né luoghi. È un diritto che andrebbe esteso a tutto: imparare sempre, anche quando non sembra il momento giusto.
Per me, è la metafora della formazione diffusa: imparare non è un atto separato, è un gesto quotidiano. Non serve un’aula, serve curiosità.
8. Il diritto di spizzicare
Un frammento può bastare: una frase, un paragrafo, una parola. Le letture brevi sono come assaggi: a volte un boccone è sufficiente per cambiare il sapore di tutta la giornata. Leggere un paragrafo, una citazione, un inizio e poi fermarsi: perché anche un frammento può bastare a cambiare una giornata. Non tutto deve essere per forza un percorso strutturato, a volte basta una scintilla.
9. Il diritto di leggere ad alta voce
Quando leggo ad alta voce, le parole prendono corpo, le sento vibrare. È come condividere un pensiero, renderlo vivo. Le parole, quando le pronunci ad alta voce, ti attraversano: hanno un suono, una temperatura, un ritmo. Credo che leggere ad alta voce è un modo per restituire alle parole il loro corpo, il loro spessore.
È l’istante in cui la pagina smette di essere carta e diventa presenza.
Nella formazione, la voce è il ponte tra chi sa e chi scopre.
10. Il diritto di tacere
Non tutto va spiegato, recensito, commentato.
Ci sono libri che non hanno bisogno di recensioni, solo di silenzio, proprio come certi incontri, che non si raccontano ma si portano dentro. Il silenzio a volte è il modo più sincero per dire: “questo libro mi ha cambiato”.
Certi silenzi valgono più di mille recensioni.
Pennac parlava di lettura, ma ci ha regalato un manifesto della libertà dell’apprendimento.
Oggi, in un mondo che ci chiede di leggere tutto, sapere tutto, commentare tutto,
forse il vero lusso è scegliere cosa lasciare entrare.